Preparazione per 4 porzioni
Difficoltà: Media
Tempo di esecuzione: 80 minuti
Tecnica di cottura: Frittura, Stufatura
Stagionalità: Tutto l'anno
Utensili: 2 casseruole, coltello per sfilettare, terrina, passino, teglia, piatto di portata
Ingredienti
RISO: 350 g
BURRO: 100 g
TINCHE DI LAGO: n. 2
SEDANO: 1 costa
CAROTE: n. 1
CIPOLLE: n. 1
AGLIO: 1 spicchio
PREZZEMOLO: 1 manciata
SALE: q.b.
Esecuzione
• Squamare le tinche, sventrarle, lavarle e sfilettarle.
• Porre sul fuoco una casseruola con un litro di acqua salata, unire la carota, la cipolla, il sedano, le lische e le teste dei pesci
• Cuocere per 20 minuti e poi filtrare il brodo da un passino affinché non passi alcuna lisca, versandolo in una terrina; tenerlo al caldo
• Imburrare una teglia e disporvi i filetti di tinca; porre il recipiente sul fuoco e cuocere il pesce rigirandolo con delicatezza
• Mondare il prezzemolo, lavarlo e tritarlo finemente con lo spicchio d’aglio.
• Mettere il trito in una casseruola con il restante burro e farlo rosolare
• Unire il riso, lasciarlo tostare e, aggiungendo di tanto in tanto il brodo di pesce, portare il risotto a cottura
• Accomodarlo su un piatto di portata e sistemarvi sopra i filetti di tinca.
Varianti
In alcuni ricettari il soffritto di aglio e prezzemolo si arricchisce di cipolla, sedano, carota e basilico. La tinca spezzettata è aggiunta al riso dopo una rapida rosolatura nelle formulazioni più tradizionali; quelle attualizzate consigliano invece di sfilettare il pesce, utilizzando le lische, la testa e la coda per ottenere il court-bouillon con il quale cuocere il riso. I filetti, fritti nel burro, vengono poi adagiati sul riso già cotto.
Abbinamenti
Può essere considerato un piatto unico, cui si può far precedere un leggero antipasto vegetale, per esempio un’insalata di cuori di sedano o, preferendo un menù ittico, del paté di cavedano. Si accompagna piacevolmente con vini ricavati da vitigni Tocai, come il San Martino della Battaglia DOC, un bianco dai profumi delicati e floreali, gusto leggero e tenue acidità.
L'ingrediente: la tinca
È un pesce della famiglia dei Ciprinidi che frequenta i fondali sabbiosi dei corsi d’acqua delle zone temperate, con preferenza per i bacini dalle correnti pigre e tiepide.
Nutrendosi di molluschi, vermi, crostacei e larve di diversa specie che riesce a stanare dai loro nascondigli tra le piante acquatiche, talvolta smuovendo la melma del fondo, può raggiungere 5 kg di peso. Proprio per questa sua attività di scavo, la tinca ha carni con quel preciso sapore di fango che le impedisce di entrare a pieno titolo nella gastronomia maggiore. È stata però sempre apprezzata
Le tinche vivono nelle acque melmose dei fondali. È consigliabile acquistarle ancora vive e lasciarle per due o tre giorni in acqua pulita, per far perdere alla loro carne il caratteristico sapore di fango. Nel caso non ci fosse tempo per questo purgatorio (l’unico efficace), la tradizione suggerisce di fare ingoiare ai pesci vivi alcune cucchiaiate di aceto. C’è da dubitare dell’efficacia di questo trattamento, come dell’altro espediente raccomandato per togliere il sapore di fango ai pesci già morti: tenerli a bagno per almeno 24 ore in acqua pulita per poi immergerli rapidamente alcune volte in acqua bollente, prima di procedere a un’accurata squamatura e alla sventratura. Altri consigliano di rovesciare sulle branchie dei pesci un bicchiere di aceto: è tuttavia indubbio che se l’aceto può attenuare l’odore di fango, difficilmente può cancellarne il ritorno gustolfattivo.
Valore nutrizionale (per porzione):
Energia 459 kcal
Proteine 20,1 g
Lipidi 18,4 g
Glucidi 46,7 g
Sodio 253 mg
Colesterolo 101 mg
Fibra 1,5 g