Ai poveri pescatori le alborelle, pesce minuto di cui il lago è tuttavia generoso. Nella società tradizionale, la frittura, in quanto tecnica di cottura asciugante, permetteva al pesce, una volta cotto, di durare qualche giorno in più (particolarmente con la successiva benedizione a base di aceto che generava le varianti sul tema della carpionatura).
Per il nostro palato moderno, la fragranza e la giusta croccantezza del pesce appena fritto sono però insuperabili.
Ricetta
Difficoltà: Media
Tempo di esecuzione: 60 minuti
Tecnica di cottura: Frittura
Stagionalità: Autunno-Primavera
Utensili: Padella
Per porzione
Energia (kcal) 676
Proteine (g) 30,7
Lipidi (g) 53,3
Glucidi (g) 9,5
Ingredienti per 4 persone
ALBORELLE: 800 g
FARINA BIANCA: 50 g
OLIO DI OLIVA: 250 ml
SALE: q. b.
LIMONE: a piacere.
Prepazione
Squamare, eviscerare, lavare le alborelle e asciugarle con un canovaccio;
passarle nella farina e friggerle in abbondante olio d'oliva bollente;
depositarle su un foglio di carta assorbente per liberarle dell'unto in eccesso e salarle;
servirle su un piatto di portata opportunamente riscaldato e guarnito, se piace, con fettine di limone
Note: un pesce "duro e difficile"
Fu Ippolito Salviano a maltrattare in questo modo il pesce più comune dei laghi prealpini. Nell'Aquatilium animalium historiae del 1558 scrive infatti che "la carne dell'Albora è dura, di difficile cottura e tanto insipida che giustamente questo è ritenuto il meno pregevole di tutti i pesci.
Comunque lo si cucini, non si riesce a renderlo gustoso e solo abbrustolito diventa gradito al palato.
Si consuma esclusivamente quando c'è scarsità di altri pesci".
Tradizionalmente, si riconosce che il tempo migliore per consumare l'alborella è tra ottobre e giugno (quando è più difficile pescare pesci più appetibili).
Sempre secondo l'abitudine popolare, in questo periodo, trovando poco nutrimento, i pesciolini possono essere fritti tutti interi, senza eviscerarli.
L'ingrediente: l'olio di oliva dei laghi lombardi
Introdotto in epoca romana da coloni provenienti dalla Magna Grecia, l'olivo ha trovato un clima adatto attorno ai laghi maggiori della Lombardia, soprattutto quello di Garda, quello d'Iseo e quello di Como, dove il clima è sufficientemente dolce e dove è diventato un elemento importante del paesaggio locale.
Se sul lago di Como la produzione è oggi limitata al consumo familiare o locale, soprattutto nella cosiddetta Zòca de l'Oli, tra Griante e Sala Comacina, sul Garda e sul Sebino la produzione di olive riesce ad essere ancora oggi apprezzabile e ad assicurare discreta presenza sul mercato nazionale ad un olio extravergine con caratteri specifici di riconoscibilità.
Le varietà di olive sono quelle tradizionalmente coltivate sul Benaco, come la Casaliva e la Gargnà. La raccolta viene effettuata a mano, in modo da non danneggiare il frutto, che viene poi spremuto a freddo.
L'olio che se ne ricava è di colore verde, ha bassa acidità e una caratteristica nota aromatica fruttata e erbacea che ricorda il carciofo e la mandorla: un prodotto dalle caratteristiche dietetiche e organolettiche perfettamente aderenti alle necessità e al gusto attuali.
Varianti
trattandosi di una semplice frittura, non esistono praticamente varianti di rilievo.
Qualche formulazione prevede la salatura del pesce prima dell'infarinatura, ma è pratica sconsigliabile perché contribuisce a fargli perdere liquidi, facendo sgrillettare l'olio di frittura.
Un'altra modalità di frittura comporta che i pesci siano insaporiti con salvia e rosmarino e fritti in poco olio, senza infarinatura, talvolta con uno spruzzo di vino bianco.
Tradizionalmente, sulle mense dei poveri, ai pesciolini fritti si affiancava la polenta e vi si beveva assieme il vino che c'era, quasi sempre rosso.
Il gusto attuale accetta volentieri una piccola porzione di polenta abbrustolita e dell'insalata verde, ma il vino sarà bianco, meglio se leggermente aromatico, come il Tocai di San Martino della Battaglia DOC.