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Mostarda

Nata dall’esigenza di conservare la frutta fuori stagione, la Mostarda è frutta candita immersa in uno sciroppo di glucosio, aromatizzato con la senape.
Albicocche, ciliegie, fichi, arance, prugne, meloni, pere, pesche, cedro e zucca sono attentamente selezionati e raccolti al giusto grado di maturazione.

Un pò di storia
Insolito e piccante insieme di frutta candita, sciroppo di glucosio e senape, la Mostarda ha origini antiche e vanta a buon diritto un posto di rilevo fra i prodotti gastronomici lombardi. Sin dal Medio Evo, la mostarda era identificata con il mosto cotto (succo d’uva bollito e ridotto a un quarto della consistenza e della qualità iniziale) unito, in seguito, alla senape. L’etimologia ne individua la radice in mustum ardens, cioè mosto reso ardente e piccante appunto dalla senape. La prima Mostarda di frutta di cui si hanno notizie, è quella di Voghera: il 7 dicembre del 1397, infatti, il cancelliere del duca Giangaleazzo Visconti, signore di Milano, inviò una lettera al podestà di Voghera, perché ordinasse allo speziale Pietro de Murri la Mostarda buona come solo lui sapeva fare, graditissima alla duchessa Caterina, per consumarla in occasione delle festività del Natale con carni, bolliti e vitelli allo spiedo.

Modalità produttive
Dopo la selezione della frutta, il processo produttivo continua con la canditura, che consiste nell’immergere la frutta in vasche riscaldate contenenti uno sciroppo zuccherino.
Durante questa fase, la frutta cede la sua parte acquosa alla soluzione zuccherina in cui è immersa, mentre quest’ultima trasferisce alla frutta gli zuccheri.
La frutta diviene turgida e soda, mantenendo le sue caratteristiche organolettiche.
Questo processo avviene molto lentamente, affinché i frutti conservino la loro colorazione naturale e un aspetto brillante. Il processo di canditura, varia in relazione ai diversi tipi di frutta, da 4 a 10 giorni, concludendosi quando la percentuale zuccherina giunge al 70%.
La senapatura è la fase successiva, appena prima del confezionamento, momento in cui si definisce il sapore più o meno accentuato.
 

Curiosità
Esistono diversi tipi di Mostarda in commercio, tipici delle diverse località produttive, ma per quanto attiene all’Italia si annoverano la Mostarda di Cremona, quella di Mantova e quella di Voghera. Quella cremonese, grazie all’imprenditorialità dei suoi produttori ha raggiunto livelli di commercializzazione decisamente rispettabili: si stima infatti, che essa rappresenti circa l’80% del mercato pari a 14.400.000 euro; con consumi variamente ripartiti ma assolutamente prevalenti nelle regioni del nord Italia.
 

Caratteristiche organolettiche
Al sapore della frutta si sovrappone quello della senape, con un profumo pungente.
 

Come si consuma
La Mostarda, gustata prevalentemente con le carni e i bolliti, è ottima anche con formaggi quali la crescenza, il provolone dolce, il gorgonzola cremoso, lo stracchino, il taleggio, il mascarpone e i formaggi di capra. 
Si accosta bene, inoltre, a salumi quali il cotechino, il cotto e il cotto affumicato.
 

Area di produzione
La zona di produzione comprende tutta la provincia di Cremona, Mantova e parte del pavese.